La Storia
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La presenza dell’uomo nel territorio di Cetona, durante la preistoria, è documentata quasi ininterrottamente dal Paleolitico medio (50.000 anni da oggi) fino a raggiungere la massima espansione demografica nella media età del bronzo (XVII – XIV sec. a.C.). Nelle epoche successive avvenne un lento e progressivo spopolamento della zona di Belverde, occupata in precedenza, con lo spostamento in siti a quote più elevate. A casa Carletti e sulla vetta del Monte Cetona sorsero insediamenti fortificati allo scopo di controllare le sottostanti vallate e di permettere lo sfruttamento dei pascoli in altura. Con l’età del ferro questi centri furono abbandonati e la vita si spostò nuovamente a valle, verso le naturali vie di comunicazione. Sulle colline di Chiusi e di Sarteano sorsero i primi villaggi nei quali si sviluppò la civiltà etrusca, mentre a Cancelli, lungo la via che taglia il crinale della Montagna, nacque un centro rurale rimasto attivo fra il VII ed il VI sec. a.C. e del quale, nonostante non siano ancora state trovate tracce certe dell’abitato, conosciamo egualmente qualcosa attraverso i corredi. Nel VI sec. a.C. anche quest’insediamento fu abbandonato e sorse, nei pressi di Camporsevoli, un nuovo centro che rimase attivo fino al periodo della romanizzazione.
Con l’occupazione romana, il territorio venne sfruttato attraverso la costruzione di ville rurali, vere e proprie fattorie che persero gradualmente il carattere di proprietà indivise trasformandosi in gruppi di casolari e, più tardi, in piccoli villaggi. Il percorso viario lungo il crinale del Monte detenne grande importanza fino all’epoca romana, allorchè la fertile vallata di Cetona fu attraversata dalla Via Cassia sulla quale si spostò ben presto il traffico commerciale. In epoche successive, con il progressivo impaludamento della vallata, la strada del crinale tornò ad essere abitualmente percorsa tanto da diventare uno dei tracciati alternativi della Via Francigena. Il territorio di Cetona condivise le sorti della vicina Chiusi, prima Ducato longobardo e poi Contea in età carolingia, essendo ad essa assoggettata. I documenti più antichi, fino ad oggi conosciuti, ce ne parlano come di un Castello in mano ad un ramo dei Farolfingi, nobile casata che detenne il potere sul territorio dell’antica Contea di Chiusi almeno fin dalla metà del IX sec. Legata ai discendenti del Conte Pepone I di Sarteano, Cetona appartenne alla sfera d’influenza di questa famiglia abbracciandone le politiche e le alleanze. Nel 1214 Ildebrandino II, Conte di Calmaniare, suo figlio Bernardino II e 33 notabili di Cetona rinnovarono la fedeltà al Comune di Orvieto, seguendone le sorti anche dopo la sconfitta di Montaperti. Ma la consuetudine longobarda di dividere l’eredità paterna in modo paritario fra i figli maschi, portò, in seno alla famiglia dei Farolfingi, alla frantumazione del patrimonio ed alla conseguente diminuzione delle entrate patrimoniali. La situazione economica dei conti di Cetona si fece sempre più precaria. Nel 1255 il Conte Bernardino II cedette il suo diritto di riscuotere il pedaggio per il solo prezzo di un cavallo, mentre, nel 1256, morto il suddetto Conte, il figlio Guido fu costretto a cedere ad Orvieto la metà del Cassero di Cetona seguito nell’esempio, quattro anni più tardi, dal fratello Ildebrandino III. Da questo momento Cetona divenne teatro, per circa un secolo, delle lotte intestine fra i vari rami della famiglia orvietana dei Monaldeschi impegnati nella corsa al potere cittadino e l’ingente quantità di grano fornita nel corso del 1300 dai Comuni della Valdichiana lascia ritenere che l’interesse di Orvieto su questa zona non fosse soltanto militare. Nel 1367, con il Diploma di Enrico IV, Cetona venne concessa in favore di Guglielmo di Beaufort nipote di Clemente VI e fratello di Papa Gregorio XI, il quale nel 1375 la rivendette a Ugolino di Montemarte, Conte di Corbara. Nel maggio del 1418 Cetona fu conquistata dal Capitano di ventura Braccio da Montone, Signore di Perugia, e, nell’ottobre dello stesso anno, venne da questi ceduta alla Repubblica di Siena. Nel 1455 Cetona cadde nelle mani di Jacopo di Niccolò Piccinino e delle sue truppe mercenarie che provocarono danni gravissimi all’abitato ed alle chiese. Riconquistata dai senesi, questi ne fortificarono ulteriormente le mura e costruirono robuste torri circolari. Cetona rimase fedele a Siena fino all’epilogo della guerra franco – spagnola, quando, nel gennaio 1556, il Conte Mario di Santa Fiora, generale dell’esercito imperiale in Toscana, dopo aver saccheggiato e conquistato Sarteano, si presentò innanzi alle mura di Cetona con soldati tedeschi, spagnoli e sei cannoni. Gli abitanti, ridotti nel numero dalle pestilenze ed impoveriti dalla lunga guerra che faceva scempio dei raccolti nelle campagne, timorosi di un nuovo saccheggio, s’arresero senza combattere. Il 31 luglio 1559 anche la Repubblica Senese capitolò e gli esuli rifugiatisi in Montalcino aprirono le porte a Chiappino Vitelli firmando la resa. Caduto l’ultimo baluardo d’opposizione all’ascesa dei Medici, il Duca Cosimo I, quale ringraziamento, elevò Chiappino Vitelli al rango di Marchese di Cetona. Con il Marchesato Vitelli ebbe inizio un’epoca d’oro per Cetona che portò ad un enorme sviluppo dell’abitato. Tornata nuovamente a far parte degli Stati del Granducato di Toscana, Cetona ne seguì le sorti condividendone la denominazione napoleonica, i moti sanfedisti dei “Viva Maria”, fino alle gloriose pagine del Risorgimento. In seguito le vicende del Comune si fondono e si confondono nella ricca storia d’Italia.